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La foto del giorno

“Il morbo infuria il pan ci manca..” (una volta si studiava nelle scuole, adesso non so). Su Venezia assediata dagli austriaci caddero anche le bombe, in quell’estate del 1849, quando la Repubblica proclamata nel marzo del 1848 ancora resisteva indomita, e non aveva nessuna intenzione di sventolare “bandiera bianca”:

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Questa palla di cannone (una delle tante lanciate dalle artiglierie austriache accampate a San Giuliano e Campalto) è conservata sulla facciata esterna della chiesa di San Salvador, a ricordarci quei mesi in cui una città sfidò un Impero, e come monito contro le barbarie della guerra che nulla rispetta: nemmeno le chiese di una città come questa. Nel 1848-49 Milano ebbe le sue “cinque giornate”, Venezia un lungo assedio nel corso del quale le truppe austro-ungariche non esitarono a bombardare (prima dal cielo, ma con scarso successo, e poi dalla terraferma) una città che era già stremata dagli stenti ma ancora non si arrendeva: lo fece soltanto quando la gittata dei cannoni austriaci si dimostrò purtroppo capace di colpire sestieri interi (Cannaregio e Santa Croce) arrivando a sfiorare anche il ponte di Rialto, e a seguito dei bombardamenti (che comportarono un “esodo” massiccio di popolazione dai sestieri più esposti a quelli di San Marco e Castello) scoppiò anche un’epidemia di colera: era l’agosto del 1849. Dalla proclamazione della rinata Repubblica erano passati 16 mesi e per difenderla la città aveva fatto sacrifici enormi, ma quelle palle di cannone sui tetti delle case ponevano fine alla certezza che per 14 secoli era stata la grande forza dei veneziani: quella che la laguna costituisse una barriera naturale insormontabile per eserciti ostili.

Esaurite le sue energie in quel tentativo (momentaneamente riuscito) di ricreare una Repubblica indipendente che commosse l’Europa intera, con molte famiglie rovinate e altre costrette all’esilio, Venezia si avvierà al futuro agro-dolce che conosciamo: non più padrona del suo destino ma semplice palcoscenico per milioni di foto ricordo, struggente e ammaliante “set” cinematografico per un turismo che all’inizio fu “di élite” ma negli ultimi anni è diventato talmente invadente da alterarne anche il tessuto sociale.

Dal 1849 in poi sulla Serenissima pioveranno solo soldi (tanti), ma non è detto che i soldi diano la felicità.. e il giorno in cui Venezia dovesse diventare una conchiglia vuota, privata dei suoi abitanti e del suo stile di vita per far spazio a una monocultura turistica che ormai assomiglia tanto a una macchina mangiasoldi, sarebbero i turisti stessi a lamentarsene e (forse) a chiederci: “per favore, tornate nelle vostre case.. non è questo che cercavamo”.

Cronologia essenziale:

Marzo 1848: cacciati gli austriaci, Venezia proclama la Repubblica. Nei giorni successivi insorgono anche molte città che già erano state Serenissime, da Brescia a Vicenza e da Chioggia a Palmanova e ancora Vicenza, Udine e molte altre.

Maggio 1849: rioccupata la terraferma, l’esercito austriaco inizia a bombardare Forte Marghera (ultimo avamposto veneziano in terraferma) e riesce a occuparlo. “Da questo momento l’assedio si rafforza e gli austriaci iniziano a bombardare la città. Fino a luglio però l’azione austriaca non risulta incisiva e i veneziani continuano la propria esistenza senza quasi battere ciglio. Anzi, gli scarsi effetti del cannoneggiamento, che quasi sempre proietta le bombe nello specchio d’acqua fra la città e la terraferma, suscitano l’irrisione da parte dei veneziani” (Piero Pasini, “1849: bombe a Palazzo!)

Luglio 1849: nella notte fra il 29 e il 30 luglio, “gli austriaci riescono in quello che fino ad allora era stato considerato impossibile: coprire la distanza di circa cinque chilometri che separa i loro avamposti di San Giuliano e Campalto dal centro cittadino alzando al massimo l’angolazione di tiro dei cannoni posti sulla riva della laguna” (ibidem). Sulla città incredula piovono centinaia di cannonate, che faranno scrivere a Vincenzo Marchesi : “i soldati di un monarca, che pure si vantava di essere umano e giusto e a capo del paese più civile delmondo, non dubitarono di gareggiare in ferocia coni Vandali e gli Unni verso una città, che di arte è un paradiso, e dove, come ad un santuario della bellezza, muovono continuamente, quasi in pio pellegrinaggio, i popoli dei due mondi”.

Agosto 1849: “il mercato del pesce fu trasferito da Rialto alla riva degli Schiavoni e quello delle erbe a San Zaccaria. Il sestiere di Cannaregio fu abbandonato” (Paul Ginsborg, “Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49”). “Tutti, poveri e ricchi, si spostarono il più possibile verso Castello, zona irraggiungibile dalle bombe. Fu aperto il palazzo ducale, e si diè anche a molti ricovero negli anditi e sulle scale” (Pietro Contarini, Memoriale Veneto storico-politico 1848/1849). Quando alle bombe si aggiunse l’epidemia di colera (“il morbo infuria” della poesia che ho citato all’inizio) al governo di Daniele Manin non restava più altra scelta: il 24 agosto veniva firmata la capitolazione della Repubblica. Il 27 agosto gli Austriaci ripresero possesso della città e il 30 vi fece il suo ingresso il Radetzky, in onore del quale venne organizzata una Messa solenne per “ringraziare Iddio di avere restituito Venezia al legittimo sovrano”.

Bibliografia minima:

The first air bomb: Venice, 15 July 1849

Piero Pasini, “1849: bombe a Palazzo!” in Biscontin e Bisutti, “Ca’ Foscari: uno sguardo sul cortile” (Terraferma edizioni, 2012)

Paul Ginsborg, “Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49” (Feltrinelli 1978)

Vincenzo Marchesi, “Storia documentata della rivoluzione di Venezia del 1848-49” (Istituto Veneto di Arti Grafiche Editore, 1913)

Pietro Contarini, “Memoriale Veneto storico-politico 1848/1849” (Venezia, Tipografia Contarini, 1868).

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